L'occhio nascosto

Una famiglia come tante: madre logopedista, padre neurologo, figlio adolescente che fa i conti con un corpo che cambia e con tutto quello che riguarda la vita di un sedicenne. Poi nella vita di queste persone come tante succedono cose, fatti che richiedono scelte, reazioni. E sappiamo bene che da come si agisce e si reagisce a ciò che ci accade, spesso può dipendere il futuro nostro e delle persone che abbiamo a cuore. Per il resto, digressioni mediche, neurologiche, filosofiche, psicologiche… Fino ad un finale sospeso dal quale ognuno potrebbe anche ripartire per scriversi da solo il finale che più desidera… Niente di esaltante. Un libro che andrà presto a collocarsi tra quelli che non lasciano troppa traccia, almeno nella mia sensibilità e nella mia memoria di lettrice..

Giulia e Giovanni. Una coppia di mezza età che sta uscendo da un periodo difficile causato dalla malattia che ha colpito Giulia. Lei ne sta venendo fuori ma è comprensibilmente provata. Lui la sostiene e continua a svolgere il suo lavoro di una vita: il tipografo. Finché Giulia va via di casa senza dare alcuna spiegazione. Giovanni è distrutto da questo abbandono e si getta nel lavoro. Una sera prende a caso un libro dalla libreria molto fornita della moglie e decide d’impulso di ricopiarlo per farne una copia unica e preziosa da donarle al suo ritorno. Il libro in questione è Anna Karenina. Mentre Giovanni legge e copia si convince sempre di più che nella vita della moglie c’è un Vrònskij come nella vita di Anna. Tra ossessioni, domande senza risposte, assoluta mancanza di iniziativa per avere risposte, la vita di Giovanni prosegue fino al ritorno di Giulia e al prosieguo della storia che, a parte qualche piccolo sussulto di coincidenza con le vicende di Anna, non trova il modo giu

Metti una famiglia, quella dell’autrice. Metti che di questa famiglia l’autrice ne racconti non in modo idilliaco ma con uno stile in certi tratti addirittura dissacrante… Questo è niente di vero. Una madre assolutamente ingombrante, priva anche della minima capacità di discrezione, dotata di poteri quasi soprannaturali che le permettevano di sapere in ogni momento dove scovare soprattutto la figlia. Un padre ossessionato dall’igiene, dal disinfettare ogni cosa e persona, dal non dover sudare, ecc. ecc. Due fratelli cresciuti in un continuo andirivieni di sentimenti e sensazioni dove i ricordi, come l’autrice stessa scrive, tendono a rimaneggiarsi e manipolarsi, conditi da fantasticherie e fantasie, tanto che poi diventa difficile stabilire cosa sia vero e cosa non lo sia. Un romanzo che ha il pregio di portare una ventata di novità nello stile di scrittura con cui viene condotto il racconto. Non ci sono argomenti tabù per Veronica Raimo. Il rapporto con i genitori, il comportamento

Aida ha sei anni quando è costretta a scappare insieme alla madre incinta dal villaggio bosniaco in cui è nata. Siamo nel 1992 e la guerra fratricida scoppiata nei Balcani costringe tanti a fuggire dalle loro case per mettersi in salvo. Aida e sua madre raggiungono il confine dove le attende il papà e arrivano in Italia come profughi. Inizia così l’altra vita di Aida e della sua famiglia. Un bimbo che nasce, gli anni che iniziano a trascorrere e il miraggio di tornare ad abitare la propria casa bosniaca sempre più lontano e impossibile. Le ferite della guerra, l’abbandono forzato del proprio paese e delle proprie radici, familiari lasciati nel furore dei combattimenti, amici e parenti persi per sempre per l’insensatezza di un conflitto che ha messo fratelli contro fratelli. Tutto questo forza e trasforma i caratteri, i sentimenti, gli atteggiamenti. Stritola i cuori in un senso di inadeguatezza e li rinchiude in un guscio che ognuno si salda intorno a proprio modo. Un romanzo breve