La favola di Natale di Giovannino Guareschi. Prima edizione Riunite 1946

Proviamo ad immaginarci Guareschi mentre scrive questa breve ed intensa favola che ricorda molto le atmosfere del piccolo principe. Siamo nel 1944. Freddo, fame e nostalgia sono compagne inseparabili Dei prigionieri del campo di concentramento di Sanbostel. Giovannino riesce a trasformare fame freddo E nostalgia nelle sue muse ispiratrici per una favola che scrive su brandelli di carta recuperati alla meglio. Scrive rannicchiato nella sua baracca mentre il suo compagno di prigionia realizza le musiche. Giovannino scrive e pensa ai suoi figli e alla sua famiglia. Li immagina preparare il Natale senza di lui. Finché un ponte sospeso tra sogno e miracolo permette loro di incontrarsi… Con la complicità di un bosco animato da funghi parlanti, cornacchie che fanno la ronda, angeli che planano come aerei, api Che regalano miele... Così per poche ore, quella sera della vigilia di Natale del 1944, i prigionieri di Sandbostel si spogliano della loro prigionia e operano il loro piccolo grande miracolo. Sospendono il loro ponte personale tra sogno e miracolo per ritrovare le loro famiglie. Leggendo mi sembrava quasi di ascoltare la voce stentorea di Giovannino Che affidava le sue parole al vento perché le trasportasse fino alla sua famiglia. Immaginavo gli sguardi commossi di quegli uomini che grazie alle parole e alla loro forza arcana, hanno vinto Per una sera la loro personale battaglia contro la disperazione della malinconia. L’arte, le parole, i sentimenti… Le atrocità di una guerra possono piegarli ma non spezzarli. E basta poco per farli ritornare prepotentemente a galla così che pochi brandelli di carta, una fisarmonica di fortuna e poco altro possono operare la magia e trasformare una squallida baracca di un campo di concentramento in un teatro.

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