Mara. Una donna del novecento di Ritanna Armeni. Ponte alle Grazie 2020

C’è stato un tempo in Italia in cui tutto è stato fascista, o per lo meno condizionato dalla presenza del Duce e della ridondanza da lui rappresentata. Tutto è ampolloso, autoreferenziale, tendente a suscitare nel popolo sentimenti non solo patriottici ma addirittura imperialisti. Nel 1933 Mara ha tredici anni ed è una promettente giovane fascista con una migliore amica ancor più fascista di lei. Insieme partecipano alle adunate del sabato, alle parate, fanno quello che possono per dimostrare la loro vicinanza al Duce che venerano con tutta la loro ingenuità di ragazze. Mara e Nadia hanno tanti progetti sul futuro, tante speranze sul ruolo della donna nella nuova era che il Duce sta preparando e non perdono occasione per andare a sentirlo direttamente in piazza Venezia, visto che la loro palazzina è a poca distanza dal famoso balcone dal quale Mussolini teneva i suoi stucchevoli proclama. Gli anni scorrono. Prima la campagna in Africa e l’impero italico che inizia a prendere forma, poi la Grecia con il disastro che si è conosciuto solo dopo. Poi le simpatie per Hitler, le leggi razziali, la guerra, i razionamenti, i bombardamenti, le illusioni e disillusioni di quelle ragazzine che diventano pian piano donne. Perché a tredici anni si hanno tanti sogni, speranze che si è sicuri di tramutare in certezze. Poi la vita spariglia le carte e succede quello che non ti aspetti, quello che in realtà ti rende adulta molto in fretta, anche se i sogni sono sempre lì pronti ad essere tirati fuori appena la ruota riprende a girare dal verso giusto. Un romanzo che attraverso un personaggio di fantasia, racconta il ruolo della donna nel ventennio fascista. Lo fa col piglio giornalistico proprio della Armeni che al termine dei vari capitoli ci presenta brevi appendici ben documentate su figure femminili che nel ventennio si sono distinte. Ne viene fuori una donna ancora troppo condizionata dalla superiorità dell’uomo. Angelo del focolare, madre prolifica, attenta ai bisogni della famiglia, indispensabile educatrice del nuovo uomo fascista, incensata dalle apparenze di un regime che nella realtà la tiene ancora ai margini del mondo lavorativo, impedendole di fatto di svolgere la maggior parte delle mansioni. Un libro che mi ha sorpresa spesso a canzonare il linguaggio ridondante, a sorridere delle manie di grandezza di un regime che voleva eguagliare l’imperialismo dei britannici appropriandosi di un deserto e sottomettendo la popolazione con l’iprite. Un libro che descrive benissimo la quotidianità di quegli anni così come veniva vissuta e sentita dalle famiglie che del regime avevano condiviso dapprima speranze, poi illusioni, infine la disfatta.

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