Se questo è un uomo di Primo Levi. Prima edizione Francesco De Silva 1952. Einaudi 1958

Voi che vivete sicuri Nelle vostre tiepide case, Voi che trovate tornando a sera Il cibo caldo e visi amici: Considerate se questo è un uomo Che lavora nel fango Che non conosce pace Che lotta per mezzo pane Che muore per un sí o per un no. Considerate se questa è una donna, Senza capelli e senza nome Senza piú forza di ricordare Vuoti gli occhi e freddo il grembo Come una rana d’inverno. Meditate che questo è stato: Vi comando queste parole. Scolpitele nel vostro cuore Stando in casa andando per via, Coricandovi alzandovi; Ripetetele ai vostri figli. O vi si sfaccia la casa, La malattia vi impedisca, I vostri nati torcano il viso da voi.” Non credo alla memoria di un giorno e nemmeno alle letture dedicate che si fanno perché una certa data ci spinge a farlo. Per di più quest’anno non avrei voluto leggere nulla a ridosso della giornata della memoria anche per un mio intimo sentimento di protesta. Ma questo incipit scritto da Primo Levi prendendo a modello alcuni versetti delle lamentazioni, mi si è impresso prepotentemente nel cuore ascoltando un servizio sull’olocausto. Così ho iniziato questo libro che da anni attendevo di riuscire a leggere. L’ho iniziato quasi senza volerlo, attirata da queste parole che hanno avuto su di me l’effetto di un pugno in pieno stomaco. Su questo libro tanto è stato detto e forse è inutile e superfluo che anch’io stia qui a scriverne. Una testimonianza così lucida e devastante non l’avevo mai letta. Frasi scarne, volutamente spogliate da sentimenti forti, parole che hanno il solo scopo di descrivere e testimoniare ciò che è stato. Perché chi è testimone deve solo raccontare ciò che ha visto e vissuto. Qualunque sentimento di partecipazione renderebbe il testimone un giudice. E Primo Levi non vuole essere giudice ma solo testimone. Testimone lucido di comportamenti assurdi e folli. Levi scrisse queste memorie tra il dicembre del 46 e il gennaio del 47. Per ben tre volte la Einaudi rifiutò di pubblicarle, tanto che l'autore si rivolse ad una piccola casa editrice per la prima edizione. Poi nel 1958 fu proprio la Einaudi a tornare sui suoi passi vista la crescente eco intorno a questo libro e alla vicenda di Levi, un uomo che già condannato a non essere più tale, volle trovare in se stesso la forza e la tenacia per restare uomo per poter raccontare ai suoi simili una barbarie inconcepibile che oggi ogni 27 gennaio di ogni anno ci spinge a fare memoria. Ma a cosa serve fare memoria in determinati giorni dell’anno se ci sono ancora luoghi nel mondo in cui uomini vengono brutalizzati da altri uomini? A cosa serve fare memoria se ancora oggi, in altri luoghi e in altri uomini si ripetono le barbarie di Auschwitz? Non sono le camere a gas ma sono le aberrazioni compiute nei vari campi profughi del mondo, da quelli palestinesi ai libici. Non sono i forni, ma è il mare che si richiude su uomini inermi che cercano solo condizioni migliori di vita. Non è lo sterminio organizzato di deboli e bambini, ma è l’annientamento della loro dignità in altri modi ancora più subdoli e sinistri, per cui non è troppo diversa la teoria nazista da quella odierna che predica la dolce morte per chi viene ritenuto solo un peso per la società o addirittura un costo economico inutile. Questa avrebbe voluto essere la mia protesta, fallita miseramente fra le pagine di un libro che mi conferma che la storia è destinata a riempirsi di sempre più date da consacrare alla memoria, bene dell’intelletto che l’uomo, suo malgrado, non userà mai abbastanza per imparare davvero dai suoi errori e orrori

Commenti

Post popolari in questo blog

La civetta e il lupo di Martina D’Adamo

Momenti di gloria di Duncan Hamilton, 66thand2nd Editore 2018

Il sale della terra di Jeanine Cummins, Feltrinelli 2020