Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi. Prima edizione Einaudi 1945

Nel 1935 Carlo Levi viene arrestato per attività antifasciste e condannato a tre anni di confino. Così, lo scrittore e pittore torinese viene strappato al fervore culturale della sua città per essere catapultato nella desolazione più totale della bellissima e aspra terra di Lucania. Una terra in cui Cristo non era arrivato, perché come dicevano i contadini lucani, “Cristo non è mai arrivato qui, Cristo si è fermato a Eboli”, dove si fermava anche la ferrovia. Grassano e soprattutto Aliano, o meglio Gagliano, secondo la pronuncia dei contadini del luogo, furono le destinazioni di Levi. Queste pagine sono il tributo alla povertà dignitosa di quei contadini per i quali “don Carlo” diventò un punto di riferimento. Uomini e donne segnati dall’asprezza di un territorio brullo e argilloso, poco adatto a produrre raccolto. Uomini e donne devastati dalla malaria e da una totale assenza di prospettive, in balia del tempo che pur scorrendo resta sempre uguale. Alle descrizioni bellissime dei paesaggi si affiancano i sentimenti e le personalità. Le autorità tronfie e grette, uomini senza cultura ne competenza, medicaciucci che di medicina non conoscevano nemmeno le basi più elementari, parroci frustrati dal disinteresse del popolo, contadini malati per i quali Carlo Levi fu medico (data la sua laurea in medicina), arte mai esercitata prima né mai dopo il confino. Uomini e donne tanto distanti dalla cultura di Levi, anzi totalmente privi di cultura, abbarbicati ad un groviglio di superstizioni per qualsiasi evenienza: angeli che accompagnano, spiriti maligni che ostacolano, monachicchi che si divertono a giocare qualche scherzo, licantropi ai quali fare molta attenzione, filtri per far innamorare e disamorare, riti vari per svariati tipi di malattie, ecc. ecc. Carlo Levi scrive con grande abilità e profondo rispetto. Mai si sente ironia o senso di superiorità nelle sue parole, nonostante sia fortissimo il divario tra la sua mentalità e quella dei contadini che finirono per strappargli la promessa di un suo ritorno, promessa che lo scrittore fece dal cuore ma che non poté mantenere per molti anni. Nel 1936, giunse la grazia ai confinati per celebrare le conquiste in terra d’Africa. Ma l’anno in Lucania lasciò i suoi effetti sul cuore di Levi che al termine del libro fornisce, a mio avviso, la più lucida disamina che io abbia mai letto sulla questione meridionale. L’avessi letta al tempo del mio esame di maturità, avrei trovato spunti illuminanti e decisivi per costruire il mio percorso che era appunto sulla questione meridionale. Una “questione” tutt’altro che risolta ai nostri giorni, dato che ancora oggi, in paesini sperduti del sud Italia, Cristo non è ancora arrivato. Un libro che lascia dentro di me un segno profondo, uno di quei libri che non si dimenticano, sia per la scrittura coinvolgente, sia per il grande rispetto che traspare da ogni pagina. La descrizione di Matera che Levi ci fa fare da sua sorella venuta in visita ad Aliano, è nella sua suggestiva drammaticità, una pagina di rara bellezza.

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