Van Thuan. Libero tra le sbarre di Teresa Gutierrez De Cabiedes, Città Nuova 2018

Nel 1975 il Vietnam sta uscendo da una guerra devastante e assurda durata vent’anni. Il sacerdote François-Xavier Nguyen Van Thuan è stato appena ordinato vescovo di Saigon. Nella sua vita di sacerdote, Van Thuan si era sempre speso per chi nella guerra aveva perso tutto. Ma i comunisti che sono al potere non vedono di buon occhio null’altro che non sia il loro comunismo. Tutto il resto è feccia occidentale, compreso il Vaticano. Così, appena ordinato, il vescovo Van Thuan viene tratto in arresto con l’accusa di essere una spia al servizio dell’occidente. In realtà Van Thuan è scomodo al governo che vuole il pretesto per metterlo fuori dal paese. Gli impongono di firmare una confessione falsa con la quale si dichiara spia prima del Vaticano, poi degli americani, poi della CIA, … ecc. ecc. Tutto questo per tredici lunghissimi anni in cui per Van Thuan si alterneranno cella di isolamento per mesi e mesi, lavori forzati per anni, detenzione in villaggi sperduti sorvegliato a vista da soldati. Ma Van Thuan non cede. Non vuole firmare alcuna confessione, non vuole mentire e non vuole abbandonare i suoi figli. Privato di tutto, anche della sua dignità, si domanda se non sia meglio la morte. Ma nell’isolamento più fondo arriva per lui la voce di Dio che gli chiede di consegnare tutto nelle sue mani e di stare nella pace. È un attimo, un cambiamento radicale che avviene nella profondità del cuore. Così, nel ventre della nave che lo porta ad un campo di lavoro, incatenato con altri prigionieri, sussurra a Dio e alla notte: questa, Signore, ora è la mia cattedrale. E realmente quel ventre di nave pieno di dolore e di angoscia si trasforma in un grembo di speranza, mentre Van Thuan sussurra ai prigionieri disperati di quanto ognuno di loro sia importante per Dio. È solo l’inizio di un’avventura di grandissima sofferenza e di grandissimo raccolto. Conversioni tra i prigionieri, battesimi, adorazioni ed Eucaristie celebrate nel palmo di una mano con poche briciole di pane e pochi sorsi di vino. Tutto questo per tredici lunghissimi anni in cui un uomo di Dio, ha seminato nelle lacrime e nella sofferenza, non potendo esercitare il ministero che Dio stesso gli aveva affidato. Liberato nel 1988, creato cardinale da Giovanni Paolo II nel 2000, ha raccontato la sua storia ovunque gliel’abbiano chiesta. Ho avuto la fortuna, anzi la grazia di ascoltarlo qui ad Amalfi, quando ero una ragazzina. Non dimenticherò mai la pace che fluiva dalle sue parole, la mitezza, la dolcezza, la serenità, il perdono e l’amore per i suoi carcerieri considerati come figli. E non dimenticherò nemmeno il silenzio fondo che si creò in cattedrale, quel silenzio speciale in cui, pur tra tantissima gente ti puoi sentire come se fossi solo. Perché sono tutti talmente sospesi e affascinati da ciò a cui stanno assistendo da dimenticarsi persino di respirare. Questi uomini sono i veri pilastri dell’umanità. Deboli e inermi, quasi inutili per gli attuali standard ai quali siamo abituati… In realtà sono loro rocce e baluardi che con il loro martirio continueranno a salvare il mondo dalla barbarie e dal nulla in cui sprofonda sempre di più.

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