Il filo infinito di Paolo Rumiz, Feltrinelli 2019

Di cosa ha bisogno l’Europa dei nostri tempi per riscoprirsi autenticamente Europa? Quali sono le sue radici? Su quali fondamenta si regge questo continente in cui Le opere artistiche di grandi uomini si sono così straordinariamente inserite nella creazione naturale? Nell’aprile del 2017 Paolo Rumiz sta viaggiando lungo l’Appennino italiano devastato dal terremoto. Un territorio sventrato, martoriato, che ha saputo rialzarsi sempre dopo ogni terremoto della sua storia. Scende la valle che lo porta a Norcia e in mezzo a cumuli di macerie che stringono il cuore, la prima cosa intatta che gli occhi scrutano è la statua di San Benedetto. Nella mente di Rumiz scatta una molla. Considerazioni, riflessioni, pensieri. Poi un viaggio, fisico e soprattutto interiore. Benedetto da Norcia e i suoi uomini. Loro hanno costruito le radici dell’Europa. Mentre l’impero romano d’Occidente crollava mangiato dalle invasioni violente dei barbari, mentre popoli sconosciuti e brutali si spingevano sempre più a sud alla ricerca di ricchezza da depredare, loro, i monaci di Benedetto hanno offerto a quel mondo incerto la stabilità dell’ora et labora. Gli uomini di Benedetto, hanno conquistato i popoli barbari con l’accoglienza. Hanno insegnato loro a lavorare la terra, non a violentarla. Gli hanno fatto vedere come coltivarla, irrigarla, bonificarla, dominarla per averne frutto. E baluardi di preghiera quali erano li hanno conquistati alla fede cristiana. Che uomini erano quegli uomini! Hanno trascritto per secoli il patrimonio degli antichi classici, ricchezza inestimabile che altrimenti sarebbe andata perduta... Attraversando l’Europa, Paolo Rumiz ha visitato varie abbazie in cui ancora oggi, uomini di grande levatura culturale, decidono di mettersi a servizio del mondo seguendo la regola benedettina, talmente attuale che molti manager di aziende scelgono di farsi istruire proprio dai monaci su come condurre bene un’azienda. In una Europa che tende a chiudersi nei sovranismi, che esalta le identità nazionali, che gioisce per la chiusura delle frontiere, che si accende di furore contro quelle che impropriamente definisce invasioni barbariche di migranti, la regola benedettina dell’ora et labora ha ancora molto da dirci. Una scrittura potente ed evocativa che rende un saggio emozionante quanto e più di un romanzo. Un libro che ci fa riflettere sulle radici cristiane dell’Europa, radici impropriamente cancellate e ignorate dalla stessa Unione Europea. Pagine dense di riflessioni lucide e amare, di interrogativi che tutti, credenti e non, dovremmo porci. Ammettere le fondamenta cristiane dell’Europa non è roba solo per cristiani magari un po’ bigotti e fissati, ma è storia che coinvolge tutti. Ammettere questo assunto storico, tornando possibilmente anche ai valori che il cristianesimo ispira, può dare di nuovo un futuro ad un continente sempre più accartocciato su se stesso e imbrigliato nelle sue crisi e nelle sue paure, generate dalla chiusura in se stessi, dalla mancanza di accoglienza, dall’ingiustificato timore di perdere quello che riteniamo ci appartenga di diritto.

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