Orfani bianchi di Antonio Manzini, Chiarelettere 2016

Mirta è una giovane donna, è una giovane mamma. La vita non è stata molto generosa con lei. Ha lasciato la madre anziana e il figlioletto Ilie in Moldavia ed è venuta in Italia per lavorare ovunque ci fosse del lavoro onesto da fare. Il suo unico obiettivo è mandare soldi alla madre e al figlio e cercare di accumularne abbastanza da permetterle un giorno di riunirsi a lui, possibilmente qui in Italia. Poi la madre muore e il bambino resta completamente solo e Mirta deve fare la scelta tremenda di lasciarlo in un orfanotrofio dove ci sono tanti altri figli di madri come lei, i cosiddetti orfani bianchi. Giorni sfiancanti a fare le pulizie in vari condomini, badante per poco tempo, finché un amico le trova la possibilità di lavorare in una casa molto ricca per una donna tanto benestante quanto inacidita dalla sofferenza e dall’abbandono dei suoi cari. Ma quel lavoro le permette di mettere da parte molti soldi e di rendere molto vicino il congiungimento col figlio Ilie. Perciò Mirta stringe i denti. Scrive a suo figlio, prova a telefonare, prova a chiedere alla direttrice della struttura… Ma il bambino sembra sempre troppo impegnato per risponderle… Ma Mirta è vicina al suo obiettivo e vi si dedica con tutte le sue forze. Fino a quando… Un romanzo breve e struggente che solleva il velo su una realtà che sempre di più ci passa accanto. Perché sono sempre di più le donne che lasciano bambini anche molto piccoli per venire ad accudire anziani troppo malati e troppo esigenti per familiari che non vogliono troppi problemi e grattacapi. Ma anche una storia in cui Manzini pone argomenti molto forti su cui riflettere: la solitudine, il mantenimento di una vita dato solo dai farmaci, lo scarto che la nostra società opera sempre più nei confronti di anziani, malati e disabili. Un libro dal finale che si avventa sul lettore non lasciandogli scampo, cosicché anche a distanza di tempo, molto tempo, sicuramente non lo si potrà dimenticare.

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