L’isola di Arturo, Einaudi 1957

La bellissima isola di Procida racchiude tutto il mondo di Arturo che sull’isola è nato e lì ha trascorso infanzia e adolescenza. Arturo vive in una casa strana detta la casa dei guaglioni. È quasi sempre solo. Orfano di madre che è morta dandolo alla luce, ha un padre che è sempre fuori per viaggi. Sua compagnia è Immacolatella, una cagnetta bianca da cui non si separa mai. Le cose cambiano quando il padre di Arturo, Wilhelm Gerace, porta a casa la sua giovane sposa. Nunziatella è una ragazzina che ha quasi la stessa età di Arturo, è dolce e servizievole. Per lei Arturo prova da subito un sentimento di indignazione, sentimento che aumenta alla nascita del fratellino Carmine. Carmine ha tutte le attenzioni da Nunziata, tutte le attenzioni che Arturo non ha mai potuto avere da sua madre. Così escogita un modo per attirare quelle attenzioni che non ha mai avuto e quando ci riesce, i sentimenti che passano tra lui e la giovane moglie di suo padre rischiano di scivolare in una deriva pericolosa. Tanti temi, tantissimi spunti. Temi forti, scottanti, soprattutto per gli anni in cui il romanzo fu pubblicato. L’assenza, l’idealizzazione di un genitore, l’amore adolescenziale, l’omosessualità. Tutte tematiche che la Morante affronta, direi quasi sfiora con delicatezza e sensibilità. Mentre la bella e quasi selvaggia isola di Procida non può non catturare il lettore nella sua malia. Vincitore del premio Strega nel 1957, definito classico per ragazzi, l’isola di Arturo merita di essere letto e magari riletto ad ogni età per la profondità e la varietà dei temi trattati e per la delicatezza con cui l’autrice lo fa.

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